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In breve

E' oramai dato per pacifico l’orientamento giurisprudenziale della Suprema Corte in base al quale tra paziente ed Ente Ospedaliero viene a perfezionarsi un contratto di opera intellettuale professionale con la applicabilità del regime di questo tipo di responsabilità sia per quanto riguarda la ripartizione dell’onere della prova ed il grado della colpa, sia per quanto concerne l’ambito di esecuzione delle obbligazioni contratte mediante l’applicazione degli artt. 1176, 1218 e 2336 del cod. civ..

 

 
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Danno non patrimoniale e danno esistenziale PDF Stampa E-mail

COSA CAMBIA NEL DANNO NON PATRIMONIALE?

Danno non patrimoniale - Danno Esistenziale - Responsabilità struttura sanitaria - precisazioni

Riportiamo un'interessante sentenza del Tribunale di Venezia che entra nel merito della risarcibilità del danno morale, del danno esistenziale e del danno biologico dopo il recente intervento da parte delle Sezioni Unite in materia di danno non patrimoniale; seppur vero, infatti, che discorrere di determinati tipi di pregiudizi, in vario modo denominati (morale e/o esistenziale), risponda ad esigenze descrittive e non implica il riconoscimento di distinte categorie di danno, è altrettanto vero che risulta compito del giudice accertare l’effettiva consistenza del pregiudizio allegato, a prescindere dal nome attribuitogli, individuando quali ripercussioni negative sul valore-uomo (così come tutelato dalla Carta Costituzionale) si siano verificate e provvedendo alla loro integrale riparazione.

Il tutto, nel caso di specie, nell'ambito della responsabilità della struttura sanitaria con conseguenti riferimenti alla sussistenza o meno della responsabilità contrattuale/extracontrattuale, dell'effettività del consenso informato e della ripartizione dell'onere della prova.

 

Avv. Alberto Vigani & Avv. Roberto Tumiotto

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 


TRIBUNALE DI VENEZIA

SEZIONE DISTACCATA DI SAN DONA’ DI PIAVE

 


Il Tribunale, in composizione monocratica nella persona del giudice dr. Lina Tosi, ha pronunciato la seguente

 


SENTENZA

 


nella causa civile inscritta al n. 16591/2005 del Ruolo Generale, promossa con atto di citazione

da

XXXXXXXXXXXXX con l’avv. Alberto A.Vigani, per procura a margine dell’atto di citazione

Attrice

contro

XXXX dr. XXX

XXX

Entrambi contumaci

Azienda u.l.s.s. XX “XXXXXXX” con sede in XXXXXXXX, in persona del Direttore Generale e legale rappresentante pro tempore dr. XXX

Convenuti

 

Oggetto: responsabilità professionale

Udienza di precisazione delle conclusioni : 18/12/2008

 

Conclusioni per parte attrice:

Accertata e dichiarata la responsabilità contrattuale e/o extracontrattuale dei convenuti nella causazione del danno per cui è causa, condannare gli stessi in solido tra loro al pagamento a favore della attrice della somma di euro 213.201,70 o la minore o maggiore somma che risulterà di giustizia, oltre ad interessi e rivalutazione monetaria, con rifusione integrale di spese, diritti ed onorari di causa.

Conclusioni per la convenuta costituita:

in via istruttoria, come da verbale del 18/12/2009 (omissis)

Nel merito:rigettare le domande proposte contro la ULSS in quanto infondate in fatto ed in diritto e in ogni caso non provate, sia con riferimento all’an che al quantum richiesto; in via subordinata e nel merito, e con espressa riserva di gravame, ridurre in ogni caso il risarcimento in denegata ipotesi dovuto nella misura che verrà ritenuta di stretta giustizia. Vittoria di spese, diritti ed onorari, oltre accessori di legge.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

 

L’attrice citava in giudizio la Azienda Ulss XX quale gestore dell’Ospedale Civile di XXXXXXXXXX, il ginecologo dr. XXXXX XXXXXXX, l’ostetrica XXXXXXX XXXXXXX, deducendo di avere subito lesioni personali e altri danni, patrimoniali e non, per effetto della condotta colposa del medico e della ostetrica, e comunque della Azienda che gestiva la struttura e per la quale essi operavano, e ciò in occasione della assistenza al parto dell’attrice, avvenuto il 9/2/2002, in occasione del quale era stata praticata episiotomia in assenza di consenso informato, e al quale era conseguita una lesione dello sfintere anale con incontinenza fecale permanente, parzialmente rimediata da successivo intervento di overlapping eseguito presso l’ospedale di XXXXXXX il 8/11/2002. Chiedeva risarcimento per le varie poste indicate.

Si costituiva la sola Azienda, restando contumaci gli altri convenuti, tali dichiarati il 12/5/2005.

La causa è stata istruita come da verbale, con l’assunzione della prova testimoniale del coniuge della attrice (deceduto nelle more del processo) e con CTU medico legale, affidata al dr. Giovanni del Frate. Le parti successivamente precisavano le conclusioni come sopra, e fruivano di termini ordinari per conclusionali e repliche.

 


MOTIVI DELLA DECISIONE

 


Il ricovero, il parto, la esecuzione in occasione del parto di episiotomia, e di episiorrafia successiva, avvenuti presso l’ospedale gestito dalla Azienda convenuta, sono fatti non contestati. Nella cartella clinica prodotta dalla attrice sono indicati, alla voce “parto assistito da:” rispettivamente “ Ostetrica: XXXXXXX...Medico dr. XXXXXXX”. Non è quindi dubbio che l’Azienda, il dr. XXXXXXX, l’ostetrica XXXXXXX siano i soggetti tenuti in via contrattuale, in forza del rapporto professionale “da contatto” instaurato con il ricovero e i trattamenti e l’assistenza, a rispondere di eventuali danni causati alla attrice nel corso del ricovero da cure e assistenza negligenti, imprudenti, imperite, contrarie a norme, od omesse per colpa.

Il Ctu ha proceduto all’esame della paziente, all’esame della documentazione clinica, e le sue conclusioni prendono le mosse dalla constatazione clinica e strumentale, avvenuta nel luglio 2002 nell’ospedale di S.Donà di Piave, ove la paziente si sottopose in data 30/7/2002 a colonscopia, della esistenza di “incontinenza fecale secondaria a lesione sfinteriale”.

Il Ctu ha anche segnalato come la possibilità di fare risalire temporalmente la lesione sfinteriale alla data del parto, con certezza derivi dall’esame della sequenza degli accertamenti documentati dalla attrice, nonostante la documentazione non rechi fino al luglio 2002 tracce di una riferita incontinenza. Infatti, poco dopo il parto l’attrice soffrì di fatti infettivi piuttosto gravi, che focalizzarono l’attenzione sia della paziente che dei medici; e solo dopo che la maggior parte di questi furono dominati (in realtà non ancora completamente, si ebbe infatti un altro ascesso a settembre) venne registrata la incontinenza fecale.

Può anche aggiungersi che è di immediata e comune conoscenza che disfunzioni del genere indicato (incontinenza fecale) nel periodo immediatamente successivo al parto possano essere in generale sia dalla paziente sia dai sanitari considerate fenomeni transitori, e dunque essere stati nel caso concreto dalla stessa paziente riferiti solo a margine dei fatti di sofferenza principali (ascessi ripetuti) e magari non registrati come rilevanti. Resta il fatto che non emergono dalla documentazione o dai fatti di causa altre possibili circostanze produttive del danno, che abbiano potuto inserirsi medio tempore fra parto e diagnosi; ciò è particolarmente significativo ai fini del ravvisamento del nesso causale, se si pensa che la paziente, fra il parto e la diagnosi della lesione, fu ripetutamente oggetto di valutazioni cliniche per disturbi vari, e segni esterni di fatti lesivi sfinteriali nuovi operati “dall’esterno” sarebbero stati del tutto verosimilmente rilevati in tali occasioni. Per contro, in caso di lesione cagionata nel parto, stante la episiotomia e la sutura, le tracce del fatto lesivo operatosi “dall’interno” in corso di parto rimaneva ormai non riscontrabile se non tramite apposite mirate verifiche strumentali (esperite solo nel luglio 2002).

Il nesso temporale segna anche il nesso causale, che il CTU segnala possa derivare sia dal parto in quanto tale, anche indipendentemente dalla esecuzione della episiotomia, e che comunque in letteratura medica è nota la correlazione fra la esecuzione di episiotomia e l’elevazione del rischio di lesioni perineali, che arrivino a coinvolgere direttamente lo sfintere rettale.

L’episiotomia è la incisione chirurgica dell’anello vulvare con un taglio che interessa la mucosa, il piano perineale e la cute del perineo, e che si effettua con lo scopo di ridurre le tensioni muscolari della zona durante l’espulsione del feto; essa viene seguita poi dalla episiorrafia (sutura). Entrambe possono (segnala il CTU) essere eseguite, in caso di parto normale, dalla ostetrica.

Stanti queste considerazioni, e la impossibilità di ricostruire obiettivamente alle modalità della esecuzione della episiotomia e della episiorrafia, per il sovrapporsi alle tracce di questi interventi delle tracce lasciate dall’intervento ricostruttivo del novembre 2002, il CTU non ritiene di potere ricostruire obiettivamente - ma neppure di escludere - un nesso causale fra episiotomia e lesione rettale. Muovendo invece dall’assunto, che qui si condivide per le ragioni sopra esposte, della sussistenza di un nesso causale fra parto e lesione allo sfintere, il CTU segnala invece come capo di colpa il non avere rilevato e trattato immediatamente in maniera appropriata (il che avrebbe permesso, secondo una probabilità al 97%, il recupero, senza reliquati) la lesione allo sfintere.

Questo il CTU.

 


Sotto il profilo giuridico, va segnalato come, in materia di responsabilità contrattuale, volta che sia dimostrato il nesso causale fra l’opera assistenziale nel senso più ampio e la lesione, spetti alla parte che doveva fornire la prestazione - nella quale era incluso l’obbligo di rimediare anche a lesioni non determinate dall’operatore, ma insorte nel corso dell’evento trattato, quindi tutte le complicazioni anche spontanee del parto - provare di avere bene operato, e di essere esente da colpa, la quale si presume sussistente, ex art. 1218 c.c.

Risulta per documenti che i convenuti XXXXXXX e XXXXXXX fossero entrambi presenti al parto, e non rileva, in mancanza di specifiche difese, chi in concreto abbia effettuato l’episiotomia e la sutura, (stando al deposto di Teso Luigino, coniuge della attrice, il medico arrivò solo 5 minuti prima della nascita del bambino, la episiotomia era stata praticata dall’ostetrica), atteso che entrambi erano in quel momento custodi della salute della paziente, e su entrambi gravava l’obbligo di ottimale assistenza; in particolare, il medico, ove anche chiamato poco prima del parto, e anche se eventualmente non autore della episiotomia, comunque era in condizioni di presenziare alla episiorrafia, valutarne la buona esecuzione, e anche di eseguirla direttamente.

L’episiotomia è un intervento chirurgico: poco rileva che sia eseguita di routine, e che usualmente non si chieda il consenso della paziente. Si tratta di un intervento volontario – e cruento – su un paziente, e non vi è ragione di non annoverarlo fra i trattamenti sanitari, i quali a mente della Costituzione non possono esser praticati se non previo consenso debitamente informato. In concreto per tale intervento la paziente non fu né previamente informata in ordine alla opportunità di praticarlo, ciò che ella avrebbe potuto fare solo alla luce di una corretta e completa prospettazione di vantaggi e svantaggi; né, è pacifico, richiesta del consenso.

L’intervento in questione costituisce fattore predisponente e comunque statisticamente correlato con un incremento percentuale dei casi di lacerazione del perineo, e, di conseguenza, con possibili lesioni sfinteriche.

L’avere praticato un intervento predisponente alla lesione, senza il consenso della paziente – e secondo il CTU, che sul punto diffusamente argomenta, senza alcuna indicazione nel caso concreto, a fronte di possibili svantaggi - costituisce ulteriore comportamento colposo, che come tale va ascritto ai convenuti tutti.

Sarebbe eventualmente spettato ai convenuti medesimi, ex art. 1218 c.c., dedurre e provare che l’episiotomia, possibile fattore causale di quella lesione, era indicata; che sulla sua esecuzione si ottenne consenso opportunamente informato; che essa fu correttamente eseguita; che la lesione allo sfintere intervenuta nel parto fosse, eventualmente, non fu rilevabile; che essi dunque siano, per vari profili, esenti da colpa.

Detta colpa, per quanto attiene al profilo extracontrattuale anch’esso invocato da parte attrice, è comunque provata per la esecuzione non indicata e non assentita della episiotomia, fattore aggravante il rischio di lesione, e per la negligenza o imperizia ravvisata dal Ctu nella esecuzione della episiorrafia.

Le conclusioni del CTU non sono contestate dal CTP di parte convenuta dr. XXXXXXX, ma solo - e sotto il profilo dell’an - dal CTP prof. XXXXXXX XXXXXXX che, non avendo neppure presenziato alle operazioni peritali, formula solo alcune considerazioni generali, poggianti sostanzialmente sul silenzio della documentazione. Su queste osservazioni, appunto generiche, va solo aggiunto che esse sono formulate da un punto di vista strettamente legato alle risultanze documentali, e fondato sulla presunzione - non suffragata da elemento alcuno - che ciò quanto fatto riposi necessariamente su valutazioni corrette; e non tengono conto degli aspetti giuridici legati alla tutela costituzionale del diritto alla salute - e ai limiti degli interventi su di essa - e di quelli relativi alla responsabilità contrattuale e ai correlati oneri probatori.

 


Il CTU dunque, senza incontrare obiezioni tecniche sul quantum, ha valutato la risultanza di un danno biologico residuo permanente del 20%, con un danno biologico di inabilità temporanea parziale (intesa al 50%) per 11 mesi (330 giorni)

Poiché al fine di assicurare uniformità di trattamento di situazioni similari il Tribunale di Venezia si è dotato di tabelle standard, note al foro ed anche su scala nazionale in quanto diffuse dalla stampa specializzata (p.es. “Guida al diritto”) si applicano, come base di partenza, tali importi. Data l’età al momento del sinistro (34 anni compiuti) si hanno dunque euro 45.569,00, per danno permanente; assunto poi il quantum giornaliero di euro 48 per danno temporaneo totale, si avranno poi altri 7.920,00 euro, quindi in totale euro 53.489,00.

Parte attrice nell’atto di citazione invoca il risarcimento del danno morale e del danno c.d. esistenziale, categorie la cui utilizzazione è più correttamente sostituita, come ha rammentato la più recente e citatissima giurisprudenza della Cassazione SSUU 2008, dal richiamo al ristoro della lesione di diritti fondamentali della persona costituzionalmente garantiti; diritti che parte attrice ha richiamato nella sua espositiva dell’atto di citazione, volta che ha fatto riferimento (p. 4) al fatto che la permanente disfunzione muscolare “alterava profondamente la vita familiare, sociale e sessuale dell’attrice”; al fatto che l’attrice ha dovuto “abbandonare la duplice attività lavorativa di cameriera e addetta alla pulizia degli istituti scolastici”. In altre parole, la parte attrice ha richiamato e dedotto la lesione dei diritti fondamentali a formare e godere di una famiglia (artt. 2 Cost, e 31 come norma attuativa del principio fondamentale) ; a esplicarsi nelle formazioni sociali più varie (art. 2 Cost; il difensore ha richiamato il lavoro, che è anch’esso una forma di esplicazione sociale; e le frequentazioni in genere); a svolgere un lavoro (art. 4 Cost.).

Orbene, il CTU ha affermato, con indicazione chiaramente e immediatamente comprensibile e condivisibile, che le conseguenze ormai stabilizzate - una parziale incontinenza sfinterica - incidono sia sulla sfera individuale, sia sulla sfera relazionale, sia sull’espletamento delle normali attività quotidiane: (sport, viaggi e passatempi; rapporti familiari, sociali, sessuali; correre, sollevare o trasportare pesi); che esse precludono o limitano la possibilità di collocazione sul mercato del lavoro (esclusione di alcune mansioni o attività) per il disagio o imbarazzo conseguenti alla menomazione.

Il disagio e imbarazzo permanenti sono legati alla qualità del disturbo, di natura tale da rappresentare, per chi ne soffra, un pericolo costante di manifestazioni sgradevoli e incontrollabili, in qualunque situazione della vita, e manifestano una particolarmente spiacevole qualità della lesione alla salute, che induce a procedere ad una personalizzazione del risarcimento del danno c.d. biologico, fino ad euro 70.000,00. Non va poi trascurato il danno soggettivo correlato all’avere subito un intervento non assentito, di cui dà conto la relazione della psicologa dr. XXXXXXX XXXXXXX nella sua relazione a doc. 10 parte attrice

Quanto alla lesione degli altri diritti fondamentali indicati, essa, colpendo variamente tutti i profili indicati dal difensore, e riconosciuti dal CTU, non si può non riconoscere una somma complessiva pari a quella riconosciuta per la lesione del diritto alla salute. Si pensi alla gravità con la quale è colpita la possibilità di formare una nuova famiglia (l’attrice è fra l’altro rimasta vedova in corso di causa) e alle limitazioni anche passate al godimento dei rapporti familiari, particolarmente nei mesi fra il parto e l’intervento di riparazione, tanto che nel primo anno di vita il figlio fu cresciuto con il consistente aiuto di parenti (cap. CC prova attrice, teste XXXXXXX); si pensi a come ella, nella presente situazione, potrebbe trarre vantaggio dai contatti sociali, limitati dal suo disturbo. I gravi limiti che ella incontra, oggi, particolarmente essendo rimasta sola a mantenere il figlio, ed abbisognando più che mai di fare ricorso alle proprie capacità di lavoro, sono poi suscettibili di dare luogo non solo ad un danno patrimoniale, che si calcola a parte, ma costituiscono danno non patrimoniale per i riflessi soggettivi di senso di inadeguatezzza e di preoccupazione per il futuro che cagionano.

Il CTU ha poi riconosciuto la congruità delle spese mediche documentate, sono quindi euro 3.504,45 come da conteggio in citazione.

Quanto alla lesione della capacità lavorativa, l’attrice ha solo dedotto di avere svolto attività stagionali o comunque non qualificate, e ha prodotto a conforto della prova della sua capacità di guadagno documenti fiscali e buste paga che attestano guadagni mensili modesti (sui 600/700 euro mensili).

Va escluso comunque che possa risarcirsi nella misura della semplice somma matematica degli stipendi ancora ipoteticamente maturabili fino all’età di pensione, se pure ridotta della metà, quale sembra essere il calcolo operato dal difensore nella comparsa conclusionale, atteso che si dovrebbero tenere presenti gli effetti della attualizzazione del guadagno futuro. Nell’operare la liquidazione equitativa, va tenuto conto del fatto che non si tratta semplicemente della riduzione della capacità lavorativa relativa ad una mansione specificata, che abbia continuato ad essere esercitata in misura ridotta, ma di una più ampia incidenza sulle mansioni che è possibile svolgere (sono escluse attività che implichino movimento, fatica, contatto prolungato con il pubblico), ciò che limita in concreto la stessa possibilità di trovare un lavoro adeguato alle capacità astratte.

Va poi considerata la attuale la obiettiva necessità lavorativa, conseguente in particolare alla morte del coniuge; necessità che in condizioni normali sicuramente spingerebbe l’attrice a cercare lavoro, e di cui può tenersi conto, essendo anche invocata la responsabilità extracontrattuale, per la quale non opera il limite della prevedibilità di cui all’art. 1225 c.c. .

Si riconoscono in conclusione ancora euro 70.000,00 in via equitativa.

Sono dunque in totale euro 213.504,45.

Le somme calcolate per danno da riduzione della capacità lavorativa vanno considerate onnicomprensive e forfettarie.

Le somme calcolate per il danno c.d. biologico e quelle parallelamente e ugualmente stimate per danno non patrimoniale agli altri diritti costituzionali, sono calcolate sulla base della tabella odierna; dovendosi ristorare il passare del tempo dal fatto al risarcimento, e dovendosi evitare la somma di interessi e rivalutazione, occorre devalutare dette somme (secondo gli indici Istat dei prezzi al consumo) fino alla data del fatto, e rivalutarle progressivamente anno per anno, aggiungendo, anno per anno, gli interessi legali, fino al saldo .

Quanto agli esborsi, essi vanno ristorati rivalutando le somme progressivamente, dall’esborso al saldo, con applicazione, anno per anno, dell’interesse legale.

Le spese seguono la soccombenza, sia quelle di CTU (già liquidate in causa) sia quelle per visite svolte in sede di CTU (evidentemente sostenute direttamente da parte attrice, e documentate per euro 108,00 = 72,00 + 36,00) sia quelle di difesa, incluse in queste ultime le spese di CTP documentate (la produzione della fattura all’udienza di precisazione delle conclusioni non può ritenersi tardiva, attenendo alle spese di difesa e non alla prova dei fatti); le spese legali, esposte in conformitàa tariffa, si liquidano come da nota.

 


P.Q.M.

 


Definitivamente pronunciando,

Condanna i convenuti in solido a rifondere alla attrice la complessiva somma di euro 213.504,45 oltre interessi e rivalutazione sulle poste di danno non patrimoniale e da esborsi come in motivazione;

Condanna i convenuti in solido a sostenere le spese di CTU, come già liquidate, e a rifondere all’attrice le spese di difesa, per euro 840,00 per CTP, 108,00 per accertamenti in sede di CTU, oltre spese legali che liquida in euro 4.631,00 per diritti, 136,61 per spese imponibili, 519,21 per spese esenti, 18.055,00 per onorari, oltre spese generali, IVA e CPA.

San Donà di Piave, 30/3/2009

Il Giudice

Dr. Lina Tosi

 

 

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